lunedì 20 ottobre 2014

I voli dell'anima


                                                     I VOLI DELL'ANIMA 

                                           MARC CHAGALL

" Mia soltanto è la patria della mia anima. Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa; essa vede la mia tristezza e la mia solitudine, ma non vi sono case, furono distrutte durante la mia infanzia, i loro inquilini volano ora nell'aria in cerca di una casa, vivono nella mia anima"  Marc Chagalll, Autobiografia ( Ma vie, 1922 )

" Mio padre aveva gli occhi azzurri, ma le sue mani erano piene di calli. Osservai le mie mani. Erano troppo delicate...dovevo cercare un'altra occupazione che non mi costringesse a voltare le spalle al cielo e alle stelle e che mi consentisse di trovare il senso della mia vita", Marc Chagall, Autobiografia, Ma vie, 1922 

" Si ama veramente soltanto quello che si rischia di perdere", Leone Tolstoj 



Marc Chagall, La passeggiata, 1917.18, Museo di Stato Russo, San Pietroburgo 
«Non muoverti, resta dove sei…».Non riesco a stare ferma. Ti sei gettato sulla tela che vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi, ti stiri, voli fino al soffitto. La tua testa si rovescia all’indietro e fai girare la mia. Mi sfiori l’orecchio e mormori…” Belle Ronselfeld, moglie di Marc Chagall, Memorie ( Come fiamma che brucia, Roma, Donzelli, 2012 )


Marc Chagall, Il Compleanno, 1915, Moma, New York

" Non voglio essere simile agli altri, voglio vedere un mondo nuovo" Marc Chagall






                                                  Marc Chagall, Sopra la città, 1914-18,  Galleria di Stato Tretjakov, Mosca



Nel suo eccezionale Lezioni Americane, a proposito della Leggerezza, Italo Calvino cita una battuta del Romeo e Giulietta di Shakespeare, quando Mercuzio entra in scena per contraddire Romeo che mesto ha poco prima affermato di sprofondare sotto un peso d'amore : " Tu sei innamorato: fatti prestare le ali da Cupido e levati più alto di un salto". L'amore è leggerezza, chi ama sembra quasi superare la forza di gravità, danzare, innalzarsi, levarsi in alto con un salto. Mercuzio definisce il suo modo di interpretare uno stato d'animo e lo rappresenta all'angosciato Romeo. L'amore è sempre un distacco dalle cose del mondo, dagli altri, dalla terra; un proiettarsi nel sogno, una fuga in alto, lontano. Marc è un giovane pittore ebreo squattrinato in cerca di fortuna; la sua famiglia di professione rigorosa hassimita, è povera e il padre non vede d buon occhio le scelte del figlio che pure ha fatto studiare in una scuola russa e non ebraica. La religione che professa la famiglia, se pure meno rigorosa del giudaismo ortodosso e volta al riconoscimento ottimistico delle cose quotidiane e di dio in esse, non concepisce la figurazione, la riproduzione delle immagini del mondo e per nulla quelle del sacro.Ma Marc ha spirito laico, voglia di vivere e di imparare. Ha 25 anni e progetta di allontanarsi dalla sua città natale Vitesbek, in Bielorussia occidentale, dove è nato nel 1887, dove pure ha vissuto una felice infanzia rivissuta pienamente nei suoi sogni di adulto; vuole recarsi a Parigi, la metropoli della modernità, della cultura, della grande arte. Intanto riesce a trasferirsi a Pietrogrado e a frequentare la Scuola di belle arti dove impara a disegnare e a dipingere. Nel 1909 conosce Belle Ronsfeld, anch'essa è di Vitesbek, ma di altro ambiente e disponibilità economica. Figlia di una ricca famiglia di commercianti ebrei di oro e gioielli che hanno botteghe sulle rive del fiume. Belle ha 15 anni,  bellissima, il pittore se innamora, ricambiato, immediatamente. Con lei si reca a Parigi nel 1913 dove frequenta la comunità artistica di Montparnasse, gli impressionisti, i fauves, i cubisti; conosce Apollinaire, Léger e il cubista orfico Delaunay, da cui ricava uno stile analitico cubista che si completa con la policromia armonica e musicale delle forme unite ai colori. Nel 1914 ritorna a Vitesbek; l'anno successivo sposa l'amatissima Belle con la quale resterà sino al 1946 quando la donna morirà a seguito di una infezione virale. L'amore come volo, come leggerezza, come felicità assoluta è cantato nelle sue tavole dai colori chiari e caldi. L'amore come espressione intensa dell'anima, come vibrazione di sensazioni uniche che possono essere sentite soltanto dalla coppia distaccata ed estranea al mondo. In Passeggiata una diagonale unisce i due amanti, in alto la prima metà è il braccio della donna vestita di rosa, in basso la seconda metà è il braccio dell'uomo vestito di nero. A fianco a questa diagonale contrastante ma unita e doppia, due perpendicolari, una in alto è il braccio in rosa di Belle che sembra quasi sfuggire fuori del dipinto; in basso il braccio di Marc che punta verso il basso : il cielo e la terra. Due direzioni che si uniscono nello stato intimo di un'anima sola. La città è Vitesbek, tutta in verde, il colore della speranza, della giovinezza, della saggezza. Edifici, campi, il letto del fiume, ricavati dalle forme geometriche armonizzate nell'unica tinta, sono espressione non di ciò che è, non di quello che si vede, sono espressione di uno stato d'animo. La tovaglia rossa della dejeneur, con i fiori, la bottiglia, il bicchiere, non hanno nulla di realistico, di impressionistico, sono le forme, il colore di un momento intimo, di incontro già vissuto. Il cielo sopra la città è bianco latte, un cielo russo, un cielo freddo, ma è come se il freddo non si sentisse, come se fosse estraneo e lontano rispetto alla coppia. Degli edifici che vediamo solo uno non è verde, ma rosa, ha lo stesso colore anche se più tenue dell'abito di Belle. è un edificio sacro, indica spiritualità. Un luogo dell'anima. Il Compleanno  mostra un attimo d'intimità : Belle ha comprato dei fiori per celebrare il compleanno dell'amato, li sta sistemando quando ecco, come un miracolo, come in un sogno, il suo amante si libra in aria e compie un gesto acrobatico e impossibile per baciare l'amata. Quando si ama nulla diventa impossibile, tutto è praticabile, anche il superamento dei limiti gravitazionali, anche le improbabili contorsioni che Chagall aveva visto al circo o nelle fiere del paese. La coppia si trova in uno spazio senza confini in  un tempo senza limiti. Il colore del pavimento non è separato da quello della parete, il tappeto che dovrebbe stare in orizzontale è in verticale. I due vorrebbero oltrepassare i limiti angusti della stanza, aprirsi all'esterno, volare fuori e volteggiare sulla città, ma il bacio esaurisce altri desideri, completa ed unisce e allora non vi è altro. Sopra la città la coppia unita e abbracciata vola sopra gli edifici, nel cielo bianco. In basso le case grigie, i giardini verdi, la sinagoga violacea, le strade e le piazzette vuote. Non ci sono anche qui persone: la coppia basta a se stessa, vive in se stessa; il prossimo diventa superfluo. Il verde di lui si accoppia all'azzurrino di lei. L'unità degli opposti, l'unità dell'amore. 
                Nel folklore russo, nella fiaba popolare dei racconti di fate e di magia, studiate da Vladmir Propp e pubblicate da Afanasev, il volo è spesso presente. L'eroe attraversa l'aria, viaggia attraverso lo spazio; riceve il dono di un oggetto volante dal'aiutante magico, se ne serve per sorvolare a città. Il tappeto volante, ancora prima che nelle Mille e una notte , che Chagall illustrò a New York, è presente nell'antico folklore russo e dunque Chagall ne aveva una informazione di antica data. La funzione del volo, che è una delle funzioni essenziali della Morfologia della Fiaba studiata da Propp, è una funzione ricorrente in molte fiabe: grazie ad essa l'eroe sposa la principessa ( in una fiaba chi riesce a costruire un vascello volante sposerà la figlia del re ) , può fuggire con la donna amata, può unirsi a lei, può risolvere una situazione, può contemplare la città dall'alto come Aladino a Bagdad. Un personaggio volante tipico del folklore russo è la strega Baba Yagà che vola in un mortaio usando il pestello come remo-timone; ora cattiva, ora buona, ora spauracchio dei bambini, ora loro amica, ha qualche parentela con la befana e con la strega occidentale. Nelle fiabe russe è molto presente ed è un riferimento favolistico per l'immagine della donna in volo.
                Oltre alla verticalizzazione, allo slancio, al volo, ha importanza, nella poetica figurativa di Chagall l'inversione, il sottosopra, l rovesciamento. Nei dipinti gli animali, gli uomini, lo stesso pittore, gli oggetti, gli edifici, i musicisti, le donne, i rabbini, sono talvolta mostrati rovesciati o in pose di ribaltamento e di contorsione che sono tipiche del mondo circense, che Chagall aveva appassionatamente frequentato come spettatore da bambino. Il mondo rovesciato è un cambio di prospettiva, è un guardare con un altro sguardo, meno oggettivo ma più interiore ed intimo. Il volo e il rovesciamento sono aspetti che ritornano in molti dipinti e mostrano un altro mondo, quello che si vede con gli occhi della mente e dell'anima: il mondo alterato nelle forme e nei colori , in ciò che si vede e in ciò che si sente. All'arte, per Chagall, non interessano le convenzioni, non la realtà così come si vede, ma interessa andare a guardare oltre l'apparenza, scrutare ciò che ad un primo momento non si vede, guardare nell'anima. E' possibile che Chagall abbia guardato alle carte da gioco francesi, all'immagine della figura doppia e rovesciata ( Il Re, la Regina, il Fante ), ma è possibile che si sia rifatto anche all'arte dei tarocchi, o meglio alla loro raffigurazione popolare ( ma anche artistica; conosciamo i Tarocchi dipinti, da Mantegna ). Ad esempio a certe immagini di sotto in su come l'Appeso, che guarda il mondo dall'alto in basso,  sorretto dalla corda che lo stringe ai piedi. Il mondo è dunque quello che si vede in equilibrio precario, a rovescio, in una condizione di perenne precarietà. E l'uomo sembra essere sopra i tetti della città e il suo piegarsi all'indietro con il peso della testa che potrebbe precipitare diventa una curvatura impossibile e possibile allo stesso tempo : è come se a sorreggerlo fossero l'anima e lo sguardo che gli occhi spalancati uniscono al cielo ed alle stelle. L'uomo, forse un autoritratto dello stesso pittore, si liberato, in quella posizione del peso corporeo, del peso delle convenzioni, del peso della sua interiorità. Il rovesciamento non è solo un ribaltamento di prospettive e di sensazioni, è la scoperta di un nuovo modo di vedere e di sentire. Nel dipinto anche la firma è capovolta cosicché ci viene il dubbio s quale possa essere la disposizione giusta del dipinto, ma anche la posizione giusta del mondo, quale sia la realtà e quale l'apparenza. Il mistero dell'uomo bianco e del cielo blu è il mistero stesso dell'arte, di un'arte che si apre al surrealismo, come del resto aveva intuito André Breton. Ma che nonostante questa apertura resta se stessa, unica e inimitabile.     


    
                                 
                              Marc Chagall, Il pittore con testa rovesciata,Museo nazionale Marc Chaall, Nizza  


Volo e rovesciamento sono presenti, come metafore oniriche, in quei dipinti che rievocano l'infanzia. L'infanzia del pittore è stata felice, ricca di scoperte e di sensazioni a contatto con il mondo piccolo, contadino della sua città dove tutto è vario, semplice, colorato, sentito come se apparisse per la prima volta e vissuto in un insieme apparentemente disordinato di forme, geometriche, colori brillanti, sensazioni vibranti. Tutto è in movimento senza avere una direzione, un senso: animali che volano, oggetti rovesciati, tetti sottosopra, strade che si intrecciano e si perdono che non hanno un piano, una forma, una direzione, vallate e colline viola, marroni, rosse,blu. Ha scritto Chagall che siamo la nostra infanzia, che tutto ha origine e fine in quella: scoprire l'infanzia è dunque scoprire noi stessi, ciò che siamo stati e ciò che siamo. L'immaginario dell'infanzia non è dunque cosa che possiamo ri-vedere, ma che possiamo solo ri-viverla in noi, attraverso il ricordo, la rimembranza, come diceva Leopardi.


                         
                                                  Marc Chagall, Io e il mio villaggio, 1911, Moma, New York 
                         
Io e il mio villaggio è realizzata durante il primo periodo parigino e risente de cubismo orfico di Delaunay, la divisione degli spazi colorati segue un criterio di armonia, di accordo geometrico-musicale. Due grandi profili si guardano il pittore col viso verde a destra, una mucca bianca, rosata e azzurra a sinistra. Il pittore guarda stupito il proprio passato e lo vede come se lo vivesse in quel momento. Dentro la testa della mucca una donna munge una mucca: un ricordo dentro un ricordo. Sul fondo edifici ritti e rovesciati, con la punta del tetto che tocca la terra e de contadini, lui con la zappa sulla spalla è ritto, lei con la gonna turchese è rovesciata. Al centro mezzelune, mezzi cerchi, onde di vari viraggi dal rosso al bianco sono una strada e na striscia immaginaria di passato, in basso il triangolo contiene la pianta che si solleva sino alla bocca della mucca che potrebbe mangiarla. Una visione onirica proiettata in un luogo che non ha confini di tempo e di spazio: un luogo dell'anima. L'infanzia passata al suo paese ritorna attraverso i ricordi sparsi e non concatenati delle botteghe, del fiume, delle feste, delle ricorrenze, delle funzioni religiose, delle nascite, dei funerali, dei violinisti, dei bambini, de rabbini, degli animali. Un intersecarsi di ricordi che non hanno fine, che continuano ad agitare allegramente la mente del pittore adulto: abbiamo tutti origine dalla nostra infanzia.
Un'altra grande fonte di ispirazione per Chagall è la Bibbia, il grande codice figurativo e letterario della civiltà occidentale. Tutte le epoche cristiane hanno raffigurato la Bibbia, si sono specchiate in essa. I motivi della Bibbia sono diventati i temi di riflessione preferenziali, le interrogazioni della coscienza, la misura dell'esistenza e della bontà di dio nel mondo. Di Bibbia, quella in lingua yidish, si è sempre parlato in casa Chagall e da bambino e da adolescente il pittore aveva imparato a conoscerla piuttosto ampiamente e intensamente.  Ha scritto Mircea Eliade che " Chagall ha riscoperto il mistero e il carattere sacro della natura, primitivo e materno: un luogo in cui un uomo e un animale vivono insieme, in pace, sotto l'occhio di dio e sotto una grande luna, come era al momento della creazione."  Ed infatti la raffigurazione biblica espressa da Chagall ( anche se in genere vale per tutta la sua opera ) è proprio in questa immagine primitiva, materna e sacra dove si manifesta dio. Come abbiamo detto la religione ebraica di tipo hassisita, professata dal pittore, è una religione aperta alla comprensione del popolo e la lettura biblica non ha bisogno di interpreti rabbinici, bensì di una lettura semplice ed immediata della gente comune.  Un detto hussisita dice: "ciò che è determinante non è che dio è, ma tutto ciò che è, è insito in dio". Tutto ciò che ci circonda, che vive intorno, a noi è espressione di dio. Per rappresentare la Bibbia Chagall ha tenuto bene a mente questi aspetti e li ha applicati quando ricevette l'incarico di illustrarla dal mercante Ambroise Vallard. Si trattava soprattutto di attingere ad una tavolozza ricca di tutti i colori possibili che potessero esprimere sensazioni interiori. Ha scritto lo stesso pittore che non ha illustrato la Bibbia leggendola, ma sognandola. Le figurazioni, dunque, non sono illustrazioni delle storie, ma sono immagini che vengono dal suo mondo onirico. Nella rappresentazione dei soggetti biblici ( oggi sono conservati al Museo Nazionale di Nizza ), il pittore si è rifatto anche alla propria infanzia, sognata e colorata; in questo modo la Bibbia non è un libro chiuso, per iniziati o per lettori colti, ma è il libro di tutti e raggiunge un significato universale nella sua semplicità di comprensione e nella sua rivisitazione sognata.
              Il volo, l'idea del volo, il sogno del volo, che spesso abbiamo visto così presente nell'opera del pittore, ritorna anche nella Bibbia: Mosè, per ricevere le tavole dei X Comandamenti sul Monte Sinai sembra innalzarsi in volo verso dio. E questo rapporto dell'uomo con dio è un rapporto che si ha al di là della concretezza e della pesantezza della realtà: è la leggerezza ( una leggerezza colorata ) che unisce al trascendente.

               
                                      Marc Chagall, Mosé riceve i X Comandamenti da dio, Museo Nazionale, Nizza



Dei libri della Bibbia Chagall  riserva particolare attenzione al Cantico dei Cantici , libro dell'amore passionale ed erotico, ricco di metafore figurali che non potevano non colpire il pittore. Le tavole sono realizzate dopo la morte dell'amata Belle e il nuovo amore molto più giovane di lui che lo riconciliano con la vita e gli fanno superare il nero periodo di depressione. A favorire la riscoperta della vita, della felicità e dell'amore è anche la fine della Seconda Guerra Mondiale, l'entusiasmo per la ricostruzione. Nella tavola dominata dal colore femminile per eccellenza, il rosa, ma anche carico di sensualità ancor più accesa dal morbida nudità, la Sposa è adagiata nuda in un letto di foglie ricavato dalla palma, simbolo di purezza, che si è piegata per lei. Da un lato è il re David con ali che aleggia sopra il trono di re Salomone e protegge la Sposa.

   Chagall - Cantico dei Cantici II (Song of Songs II)
                           Marc Chagall, Il Cantico dei Cantici, c. 1954, Museo Nazionale Marc Chagall, Nizza.


In basso la città di Gerusalemme che è quasi coperta, in  alto dalla palma che, però, non ha alcun rapporto con la città, ma è solo in rapporto alla Sposa che sembra addormentata in un sogno felice. Proprio sotto di lei lo Sposo ( anche il solo volto dello Sposo ) che guarda lontano, ma oltre la Sposa, quasi estraneo a lei o, forse, impossibilitato a raggiungerla. Forse Chagall nella Sposa ha raffigurato Belle, la moglie amata e morta che ora può solo sognare, anche ad occhi aperti, senza poterla più raggiungere. Ma soprattutto la tavola è un'illustrazione di un sogno d'amore passionale, vero ed intenso, mosso da queste ondate di rosa che si muovono sinuose intorno al corpo nudo e sovrastano la città santa  ed i suoi simboli. 
                   Ma torniamo al tema del volo. Due personaggi singoli accendono la fantasia di Chagall, entrambi direttamente connaturati alla tradizione ebraica: l'ebreo errante e il violinista. L'ebreo errante è ripreso da una leggenda medievale cristiana: quando Gesù si caricò la croce sulle spalla e si avviò al Monte Calvario, incontrò sul suo cammino la bottega di un ciabattino ebreo che appena lo vide, senza riconoscerlo ( o senza sapere chi fosse, se non un comune condannato ) lo invitò ad andare più svelto. Per questo motivo il ciabattino, per non aver aiutato Cristo e per averlo umiliato, fu costretto a vagare in eterno ( almeno sino al ritorno di Cristo sulla terra ), da una terra all'altra senza potersi mai fermare in nessun luogo, scacciato da tutti. Da una parte la leggenda era usata dalla propaganda cattolica per additare gli Ebrei quali persecutori di Cristo e quindi degni di essere allontanati, rifiutati, cacciati; dall'altra invece venne usata dalla propaganda ebraica come simbolo della persecuzione contro gli Ebrei e della Diaspora. Chagall ha immaginato in due modi l'ebreo errante, in una è visto come un pellegrino, in un'altra è un'ombra che vola sopra la città che nessuno vede, ma che è presente con i suoi occhi aperti e profondi che trascendono la realtà circostante.




Marc Chagall, Sopra Vitesbk, 1914, Art Gallery of Ontario, Toronto.


La città è ammantata di neve, vuota, silenziosa. I campi di neve che contemplano anche degli usci bui nella muraglia, quasi degli ingressi occulti, sono formati da un insieme di composizioni geometriche, rettangoli, mezzi cerchi, trapezi, triangoli che delineano una strana struttura bianca e grigia che non definisce uno spazio determinato, ma alterato, strano, irreale. L'unica cosa reale, sopra ai capi è la staccionata verde e il muro bruno, da cui escono alberi carichi di neve. Nella zona della geometria fantasmagorica, nulla può essere retto, ordinato, nemmeno il lampione che è fortemente inclinato: ogni cosa qui dà il senso della precarietà, della provvisorietà, dell'instabilità. Alle spalle della staccionata si erge gigantesca e fiabesca la sinagoga formata da mure alte gialle, ocra,marroncine e sormontate da cupole a specchio viola; si vedono anche pinnacoli bruno e sfere violacee. Non vi è rispetto delle proporzioni l'edificio a sinistra, la casa geometricamente e realisticamente più delineata e che indica la tranquillità domestica è alta quasi la metà della sinagoga; la città ha delle casette da paese dei balocchi, da paese fatato con le cupoline azzurre e verdi che si distacca dietro i tetti in primo piano imbiancati. A distaccare il colore bianco del tetto e del campo è la parete rossa della casa al centro che non ha una chiara disposizione formale ma sembra come una giustapposizione di due forme colorate: il tono è ancora incantato. Solo in un luogo così può passare come un'ombra l'inquietante figura dell'ebreo errante così grande e così fiabesca. E' vestito come un viandante, come un pellegrino, uno straniero apolide, con il bastone, il pastrano nero, il sacco grigio sulle spalle, il cappello e la barba. L'ebreo non si sa da dove venga, né si sa dove vada. Nessuno viene fuori a guardarlo passare; è come un sogno o come la materializzazione onirica della sua leggenda, della fiaba raccontata ai bambini davanti al fuoco. E' la condizione precaria degli esseri che non hanno un luogo dove fermarsi e camminare insieme agli altri; ma debbono vagare solitari e rifiutati senza essere mai della città, ma guardando la città dall'alto, senza mai scendere, nemmeno per morire. 
                 Un'altra immagine leggendaria è quella del violinista sul tetto. Ci sono molti dipinti di varie cromie con questo soggetto particolarmente caro a Chagall. Il violinista è tipico della cultura della festa ebraica: ai matrimoni, alle riunioni, alle nascite, agli incontri del mercato, nelle vie, nei bazar, nelle piazzette, nelle botteghe, i violinisti sono sempre presenti; allietano con la loro musica e soprattutto accompagnano con la loro musica. Il violinista per il pittore è una figura importante: nella sua famiglia, lo zio era violinista e lui l'aveva spesso visto mentre suonava e lo aveva seguito: nel 1911, una delle prime immagini vede il violinista con un bambino che chiede l'elemosina in mezzo alla strada. Figura di precarietà, di miseria, ma mai triste, come non è triste la melodia che egli lascia. Che vi sia un contesto felice e domestico lo dimostra la coppia abbracciata sul fondo. Ma il violinista è spesso visto sul tetto delle case e questo perché egli, così , è metafora della condizione di precarietà in cui sono costretti a vivere quotidianamente gli ebrei.




                     
                                                      Marc Chagall, Il violinista, 1912-1913, Stedelijk Museum, Amsterdam 


Il violinista è una figura abnorme che sovrasta la città , una figura leggera e allo stesso tempo quasi monumentale e comunque carismatica: i tre ometti con le teste in verticale sovrapposte guardano in alto via via attirati dal suono, dalla melodia cercano il violinista sui tetti senza vederlo. Il violinista ha un abito bianco come la neve dei campi e marrone a righine come la cupola specchio della chiesa ortodossa; anche il violino è bicromatico : arancione e giallo e persino l'archetto, bianco e marroncino, tutto indica il non definito, il provvisorio, l'irrealistico, il meraviglioso, il favolistico. Si guardi a destra il delizioso alberello con la chioma blu con gli uccelli bianchi, colombe della pace. Il violinista ha il viso verde. E' il colore del riconoscimento per lo stesso pittore che molto spesso si dipinge la faccia di verde, il colore della speranza e della saggezza. Ed ha la barba blu che fa da corona, da completamento al volto; sulla testa il cappello rosa completa l'abbigliamento strano e inverosimile come inverosimile è la stessa figura. Sul fondo aleggia una strana figura ocra, una specie di presenza messianica, una specie di richiamo che il violinista non vede e continua invece a suonare solitario sopra la città e sopra il mondo ( lo spazio verde, bianco e giallo, in basso è semisferico ). Chagall diceva spesso che la sua pittura era come una finestra da dove egli guardava un mondo altro, diverso, un mondo creato dall'artista. Da questa finestra tutto diventa possibile, anche l'impossibile: è la finestra della figurazione magica, dei colori irreali, della dimensione favolistica, è la finestra del sogno di noi tutti che cerchiamo nella realtà altra, diversa dalla nostra, la nostra anima.

Bibliografia: 

Lionello Venturi, Marc Chagall, Skira, Milano, 1967
Bool-Teschova Jacob, Marc Chagall, Taschen, Berlin, 1998, vers. italiana
Viktor Misano, Chagall, Art e Dossier, Giunti, Firenze, 2009
Michele Dantini, Marc Chagall, Ar e Dossier, Giunti, Firenze, 2014
Metzgen Rainer Walther, Marc Chagall, Taschen, Berlin, 2012    
Federica Tammarzio, Amore e musica nell'opera pittorica di Marc Chagall, Firenze libri, 2006  
AA.VV. Chagall e la Bibbia, 2004.

Attualmente al Palazzo Reale di Milano è in svolgimento una grande mostra retrospettiva su Chagall curata da Claudia Zevi e Meret Meyer, in allestimento sino 1 febbraio 2015. Per i biglietti www.ticket.it/Chagall.  


 

            
   

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