giovedì 6 novembre 2014

La luce di Dio




                                               

                                            LA LUCE DI DIO

                                       GEORGES DE LA TOUR

            IL PENTIMENTO DI SAN PIETRO E MADDALENA PENITENTE




Georges La Tour, Il pentimento di San Pietro, 1645Museum of Art, Cleveland

                                               

Irving Lavin, in Caravaggio, La Tour e la luce occulta di Dio, ha parlato della presenza della luce misteriosa, nascosta di dio che, nei dipinti de Caravaggio e La Tour, colpisce venendo dal nulla o manifestandosi attraverso una fonte naturale come immagine della salvezza. In questo dipinto la fonte di luce più evidente è di certo la lanterna ad olio posta in basso accanto al tavolo, proprio in corrispondenza del gallo che è tutto illuminato e che rimanda simbolicamente all'episodio evangelico quando Pietro, interrogato da un soldato romano dopo l'arresto di Gesù se conosceva o meno l'arrestato negò di conoscerlo e dopo ascoltò la profezia di Cristo che aveva detto che un gallo dopo la sua negazione, il suo tradimento, avrebbe cantato tre volte. Ma esiste un'altra fonte di luce, del tutto occulta, che non viene da una fonte naturale o artificiale, ma si manifesta in modo misterioso, nascosto illuminando il volto, pentito e quasi ingenuamente sorpreso di Pietro. Guardiamo questa luce calda che rileva le rughe del vecchio Santo, che evidenzia gli occhi e lo sguardo timido e timoroso, che illumina le mani strette una sull'altra, in un segno di remissione. Si tratta dunque di due luci. Una è la luce che viene dal basso ed è la luce terrena, una che viene dall'alto e che è invece la luce divina. Una è la luce che rivela l'umanità e la naturalità del personaggio, l'altra la sua debolezza di uomo e il suo pentimento. Una è la luce dei contrasti fisici dell' Illuminazione, che diventano anche contrasti simbolici : guardiamo le due gambe: la prima più vicina al lume è accesa di luce, la seconda è in gran parte in ombra: il bene e il male. Il bene che si ottiene col pentimento che caccia l'oscuro del tradimento. Guardiamo la lama di luce che dal piede sale brillando sullo stinco. Una seconda interpretazione è quella di Lavin che è tratta dalle osservazioni sulla luce divina di un trattatista cinquecentesco, Calasso. Dunque esiste una luce manifesta, che è quella prodotta dalla lampada ( la fonte ), ed una luce occulta, che non si vede, ed è la luce divina. La luce manifesta è quella introdotta dal demonio, che non fa conoscere la vita immortale, tieni fermi al peccato e allontana da dio. La luce occulta è quella della salvezza divina. La manifestazione di questi tipi di luce, occulta e manifesta, l'abbiamo nella Cattura di Cristo di Dublino, del Caravaggio.


Caravaggio, Cattura di Cristo, 1602,  National Gallery of Ireland, Dublin



Come possiamo vedere la fonte della luce ( la luce manifesta ) è quella della lanterna sorretta dal personaggio-testimone a destra ( un  autoritratto di Caravaggio ). Questa luce oltre a illuminare il volto del personaggio-testimone, illumina anche quella del soldato con la barba. E' la luce espressa in mezzo ai soldati, nel luogo del male, del peccato. Ma c'è un'altra luce che la luce occulta. La fonte qui è nascosta. La luce viene da fuori del quadro, diciamo dall'alto a sinistra, è una luce discendente che colpisce, con il suo riflesso, in quattro punti le armature dei soldati. Ma che soprattutto scopre esaltandole le espressioni di S. Giovanni urlante e i due volti stupendi di Cristo e di Giuda. Cristo ha un'espressione rassegnata, Giuda una tesa a mostrare la sua fedeltà-infedeltà: il bacio dell'apostolo-traditore è dato con impeto turbato ( la fronte corrugata ). La luce discendente colpisce anche le mani intrecciate di Cristo che sono un simbolo che rimanda alla Passione, alla Croce e alla Corona di Spine. Come colpisce la mano di Giuda che si stringe al braccio di Cristo e la stretta alla spalla coperta dalla veste rossa rimanda ancora alla Passione, come a dire che Giuda è lo strumento di cui dio si serve per il Sacrificio di suo figlio. L'irruzione di questa luce nascosta è l'evidenza manifesta della presenza di dio il quale, sostanza invisibile, si mostra attraverso la luce che è sostanza visibile. Ed è una presenza, quella di dio, che possiamo vedere solo con gli occhi della fede. E la luce, universalmente manifestazione del divino, della divinità, ci mostra ciò che non si può mostrare. La luce occulta o di dio, non solo è in antitesi al buio, alla manifestazione del caos e del male e del peccato, ma lo è anche in opposizione alla luce manifesta , a quella che si mostra nel luogo del male, fra i soldati catturanti che sono dietro Giuda e vicino a Cristo. Va anche detto che Cristo è definito nella ome "luce del mondo", quindi la luce che svela questo Cristo sofferente è anche la luce del Redentore, la luce che sarà in grado di redimere gli uomini, di purificarli dal Peccato Originale, di portarli alla Salvezza in dio padre. Vi è anche nel dipinto un uso teatrale della luce. Si può parlare qui non impropriamente di una ripresa delle modalità teatrali, quanto di una pittura di teatro, o meglio di una pittura teatralizzata . Caravaggio mette in scena, in pittura, l'episodio evangelico della cattura di Cristo. Tutto concorre con la luce rivelante, la luce che rivela l'azione e il reale: i gesti, l'azione, le espressioni, gli sguardi, il grido, le distanze simboliche ( quella di Giuda-Cristo, ad esempio, abolisce ogni confine di rispetto fra maestro e discepolo, è la distanza o, se vogliamo, la vicinanza del tradimento. Quella dei soldati è la distanza ridottissima della cattura ). Restiamo a Caravaggio e vediamo un altro dipinto dove si manifesta la luce occulta, la presenza di dio. Si tratta del S. Girolamo scrivente , databile fra la fine del 1605 e l' inizio del 1606.  

  
                                                   Caravaggio, San Gerolamo scrivente, 1606c., Galleria Borghese, Roma
Da dove provenga la luce non lo sappiamo. Dov'è la fonte? Sicuramente è esterna all'immagine centralizzata del Santo e del suo scrittoio. Possiamo pensare che ragionevolmente venga dall'angolo a sinistra in alto e si vada a stemperare alle spalle della veste di Girolamo intento alla realizzazione della Vulgata. E' una luce discendente diagonale, da sinistra verso destra. Guardiamo i riflessi più evidenti, quello sull'osso parietale del teschio e sulla testa calva di Girolamo: sono due riflessi fra loro collegati, li possiamo unire tracciando una linea quasi retta: il teschio è un memento mori  , ricorda al Santo non solo il carattere effimero della vita, ma anche e soprattutto quello della gloria. La luce poi scivola lungo l'asse verticale sinistro dal teschio al drappo bianco e cade sull'asse orizzontale sinistro del libro sul quale è poggiato simbolicamente il teschio che ricorda la morte e la caducità delle cose e della fama. Se osserviamo bene l'asse orizzontale e quello verticale, notiamo come essi, uniti, formano una croce; pertanto, la presenza del teschio sopra questa croce simbolica, indica la Passione di Cristo. La luce, a destra rivela il Santo; egli è avvolto nel manto rosso che è un indice, ancora della Passione, ma scopre anche la nudità e dunque la povertà di Girolamo. Sopra la testa del Santo vediamo un leggero indice di aureola ( si nutrono dei dubbi che non sia un'aggiunta posteriore, in quanto spesso i Santi in Caravaggio sono prima uomini e donne e poi presentano il carattere della divinità, ma non si può escludere ), che è ancora un simbolo di luce e che caratterizza la divinità o la santità. Anche se qui, Caravaggio, non rappresenta un disco, ma solo una leggera, sottile, linea circolare, quasi ad evidenziare che non si possa fare a meno della convenzione. In ambito giudaico-cristiano, la luce possiede sue proprie proprietà, non è propriamente un'emanazione fisica del sole come mostra la separazione fra luce e tenebre che è il primo atto di dio nella Creazione; dopo vengono il sole, la luna e le stelle, che sono luci aggiunte, lampade, luci manifeste, non hanno la proprietà della luce del mondo, che è luce del suo Creatore. Di La Tour abbiamo un altro dipinto che riguarda Pietro e si ricollega, anzi cronologicamente anticipa, il Pentimento, parliamo del Rinnegamento di Pietro , dove gli effetti di luce sono moltiplicati, anche in senso simbolico, tramite una scena che mostra due situazioni diverse comprese in una : a sinistra Pietro rinnega Cristo dopo che la donna lo ha indicato come colui che stava col Cristo; a destra, del tutto estranei a quanto accade dal'altra parte, i soldati giocano a dadi per spartirsi la veste di Cristo, indicando, secondo l'episodio evangelico, un riferimento alla crocifissione ( Gv. 19, 17-37 ).



                                      George La Tour, Rinnegamento di San Pietro, 1650, Musée de Beaux Arts, Nantes


Nel Rinnegamento, la donna a sinistra regge una candela. La candela è spesso frequente nelle opere "notturne " di La Tour. La sua presenza, nella notte, è dovuta alla necessità di fare luce da parte dei personaggi che agiscono nella scena dipinta. Ma la candela ha un determinato simbolismo e nell'ambito di una scena cristiana la candela simboleggia Cristo ( oltre che la presenza della fede e di Dio ). Secondo S. Ivo di Chartres, la cera pura di api con la quale è fatta la candela rappresenta la carne virginale del Santo Bambino; mentre per S. Anselmo, nelle sue Narrazioni su Luca, la candela è indice simbolico di Cristo e della sua costituzione : la cera è la sua carne virginale, lo stoppino è la sua santa anima, la fiamma è la presenza della sua divinità. Non pochi i riferimenti evangelici , invece, riguardo alla luce : " io sono la luce del mondo: chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma vivrà la luce della vita " ( Gv. 8,12 ) e ancora" Dio è luce, in lui non c'è tenebra alcuna"(Gv.1,5)e con riferimento agli apostoli: " Voi siete la luce del mondo...Così splende la luce davanti agli uomini" ( Mt. 5, 14-16 ). L'accensione del cero pasquale accanto all'altare simboleggia la luce di Cristo, luce del mondo e luce di vita, del Cristo risorto alla luce e che indica la via della verità nelle forze oscure del peccato e del male. Naturalmente esistono anche significati esoterici ed alchemici, pratiche di magia in cui la candela è fondamentale. La festa della Candelora, è una festa di purificazione, in cui le candele accese, tengono lontane, con il simbolo della fiamma, della luce, le forze oscure del male. Guardiamo l' Adorazione dei Pastori , del 1644.     

  
            
                                   Georges La Tour, Adorazione dei pastori, 1645, Musée du Louvre, Paris

La candela che Giuseppe tiene in mano a destra ha la fiamma sottile ed alta poco sopra la testa del Bambino, una candela che emana una luce di verità, totalizzante e significante che illumina volti e corpi, il vestito rosso della Vergine che rimanda alla Passione e la fasciatura bianca del Bambino che indica la purezza ( nato da una Vergine, ma anche puro e sacro ). La luce-verità è fondamentale in questo coinvolgimento semantico e prossemico ( di significato e di vicinanza ). Ed è anche una luce-testimone della presenza di una dio di luce ( guardiamo come il Bambino sembra quasi concentrare su di sé una luce chiara, raddoppiata dalla fasciatura bianca ). La candela appare spesso anche nella seria della Maddalena penitente , che ha come primo riferimento la Maddalena penitente Doria, di Palazzo Doria Pamphilj di Caravaggio.



Georges de La Tour, Maddalena penitente ( o Maddalena con la candela ardente ), 1635-40, Musée du Louvre, Paris  

Caravaggio, Maddalena penitente, 1596c. Galleria di Palazzo Pamphilj, Roma

Nella Maddalena penitente di Caravaggio, non vi è una luce manifesta diretta, non notiamo alcuna fonte interna e la luce che si staglia sulla parete in alto a destra viene da fuori, da una finestra, ma sembra non interessare il soggetto. Questo invece è interessato da una luce che viene dall'alto, una luce occulta, una luce che è simbolo di redenzione, che rischiara il pentimento della donna che presenta i simboli della vanità della sua vita precedente di prostituta ( i gioielli gettati in terra e spezzati come simbolo di rifiuto di quella stessa vanità ) e dei rapporti col Cristo, come la boccia di vetro trasparente ( che riflette la luce occulta ad indicare il richiamo evangelico ) che contiene l'olio profumato con il quale la Maddalena aveva unto i piedi di Cristo prima di unirsi al suo seguito ( un simbolo cristologico è forse anche la coppa del graal che conteneva il sangue di Cristo dipinta sulla veste riccamente decorata in basso ). Nel caso di La Tour, che aveva potuto forse vedere il dipinto nella collezione di palazzo Pamphilj a Roma, la luce manifesta è invece visibile. Ma guardiamola bene. Si tratta di una candela collocata dentro un vasetto di vetro trasparente che mostra la cera oramai liquefatta e, dunque, la fiamma arde solo grazie allo stoppino che continua ad essere acceso. La fiamma è alta e dritta verso l'alto dove si solleva un fumo grigio-bruno che si avvolge e si arriccia. La luce manifesta , secondo quello che ne dice il Capasso citato dal Lavin è una manifestazione del male. Qui però, propriamente, la candela è un simbolo della consumazione del tempo ( un tempo quasi del tutto consumato ) e la fiamma dritta è un simbolo, se vogliamo, di un male forte e resistente, quasi diabolico, destinato a consumarsi di fronte all'evidenza della redenzione. La candela che si consuma e la fiamma destinata ad esaurirsi è anche un simbolo della ineluttabilità della morte e infatti la luce s riflette sul cranio che sul grembo della Maddalena, lo illumina in parte sulla parte frontale e quel cranio è un memento mori, ricordati che devi morire. Che poi il cranio simbolo di morte sia posto accanto al ventre e in mezzo alle gambe, se vogliamo forzare l'interpretazione, può anche essere un'indicazione simbolica del luogo del vecchio peccato. Vi sono simboli di vanità ( il libro ), ma soprattutto i simboli del pentimento : sul tavolo vediamo la frusta arrotolata sul fusto che indica la fustigazione cui la donna si era sottoposta, intorno al ventre  una corda che può essere sia indicazione simbolica della punizione ( la corda di un patibolo, o una corda-legaccio di un condannato ), ma può anche indicare la presenza di un cilicio. E' importante vedere come questo simbolo della corda cinga un ventre leggermente rigonfio che, secondo lo stilema rinascimentale tipico della femminilità indica la fecondità, come simbolo di vita prosperosa, ma qui come simbolo di nuova vita, di ri-nascita in Cristo dopo la morte del peccato. S tratta quindi dell'unione di punizione-morte- nuova vita. Anche il petto scoperto nella parte superiore e i capelli lunghi e lisci neri sono simboli, certamente, del peccato; evidenziano la vita passata di una donna di vita. E in questo senso lo sono anche i piedi nudi completamente in ombra, se non indicano anche l'origine della redenzione o l'uscita dal peccato alludendo ai piedi nudi di Cristo unti dalla Maddalena dopo aver incontrato il Redentore. La veste rossa contrasta con la camicia bianca : il rosso indica la Passione di Cristo ( la Maddalena fu sotto la Croce e fu la prima ad andare al sepolcro e a vederlo vuoto dopo la Resurrezione; il bianco indica la nuova purezza dopo la Redenzione in Cristo della peccatrice. ).
               In un'altra opera del ciclo della Maddalena penitente, in cui l'artista usa la stessa modella, La Tour la luce manifesta si raddoppia nel senso che la candela è riflessa in uno specchio e dunque si vede un'altra luce e un'altra candela. Si tratta di una doppia manifestazione con caratteristiche simboliche antitetiche: la luce manifesta vera e la luce manifesta falsa ( o riflessa ). Lo specchio, simbolo di vanità secondo il riferimento biblico del tutto è vanità, espresso nel libro del Qohelet  . Lo specchio è immagine falsa della verità, è strumento del diavolo. Se guardiamo bene la candela ( una mezza candela, quindi una vita già consumata per metà ) si riflette in uno specchio inquadrato da una cornice apparentemente preziosa che mostra un fondo nero, cioè il riflesso di una finestra oscurata o di una parete non illuminata . un chiaro simbolo del peccato e del male, l'unico che può associarsi con la luce falsa .


 
                        
                    Georges de La Tour, Maddalena penitente, 1645c, Metropolitan Museum of Art, New York    

La Maddalena è vista quasi di profilo. La luce le rischiara la camicia bianca aperta che è simbolo del passato peccato di meretricio, le mani intrecciate nell'atto della preghiera poste sopra il teschio lucido con la luce riflessa sulla fronte in una sorta di collegamento simbolico con la luce manifesta e con lo specchio, la veste rossa simbolo di Passione che scivola sino a  piedi coprendoli come nell'opera di Caravaggio. Da notare che qui il ventre è ancora più gonfio, ad indicare simbolicamente la nascita della nuova vita . Ancora la luce illumina sul tavolo i gioielli simboli di vanità in collegamento simbolico con lo specchio e la cornice.  I gioielli sul tavolino sono intatti e sono nella zona che indica simbolicamente la vanità; in terra, invece, come nell'opera di Caravaggio sono spezzati e sono n rapporto con la zona della redenzione. Da notare che il teschio non è vero, ma è una realizzazione plastica in pietra o in avorio o in alabastro, levigato e lavorato. E' un simbolo che si collega alla luce manifesta falsa. Pur continuando a significare il memento mori e il trascorrere del tempo. Il pittore, memore della lezione di Caravaggio e di Gherardo delle Notti, fa uno studio attento degli effetti della fonte di luce interna. Il dipinto evidenzia la sua distribuzione, riflessione, angolazione, in tutti i luoghi del dipinto, mostra come l'artista conosca alla perfezione le leggi dell'ottica e la teoria dei contrasti e delle ombre, soprattutto come sia in grado di realizzare una eccezionale semantica della luce come svelamento del processo di Redenzione e Salvazione.

Bibliografia:

Irving lavin, Caravaggio. La Tour. La luce occulta di dio, Saggiatore, Milano, 2000
Georges Dumezil de La Tour, L'opera completa di la Tour, Milano, Rizzoli, 1973
Gilbet Durand, Le strutture antropologiche dell'immaginario, Bari, dedalo, 1972
James Hall, Dizionario dei simboli in arte, Longanesi, Milano, 2005
Edouard Urech, Dizionario dei simboli cristiani, Arkeios, Roma, 2004
Hans Biedermann, Simboli, Garzanti, Milano, 2005.

  

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