giovedì 2 ottobre 2014

La vergine e la volpe





                                  LA VERGINE E LA VOLPE

                                     La perdita della verginità

                                                                        PAUL GAUGUIN 



                          Paul Gauguin, La perduta verginità, 1890, Chrysler Art Museum, Norkfolk, USA

" Mio caro Vincent, ho finito di leggere la vostra interessante lettera e sono assolutamente d'accordo con voi sulla scarsa importanza dell'esattezza nell'arte. L'arte è un'astrazione, sfortunamente stiamo divenendo sempre più incompresi".
Dalla Lettera a Vincent Van Gogh, del 25/7/1888 


Un anno prima di partire per Tahiti, di allontanarsi dalla civiltà occidentale alla ricerca della verginità perduta del mondo e per trovare una dimensione di vita umana ed artistica diversa, dopo la traumatica rottura con l'amico Vincent Van Gogh, Paul Gauguin dipinge, La perduta verginità, ambientata nella campagna bretone carica di colori forti, densi, chiusi in campiture secondo la tecnica del claisonisme ( da claison, le campiture di colore separate da fili di piombo nelle vetrate delle chiese medievali) imparata dall'amico critico e pittore  Emile Bernard che nel paesino bretone di Pont-Avon aveva condiviso con lui le teorie di una nuova pittura piatta con spazi di colore denso racchiuso entro linee nere detta sincretismo, lontana dal realismo impressionista, ma basata essenzio è giualmente sulle vibrazioni cromatiche dell'anima. Il dipinto presenta un paesaggio bretone che non ha riferimenti naturalistici: i cespugli, il cielo, il campo di grano, la terra, la pelle nuda della ragazza, sono momenti di colore simbolico che non mostrano ciò che c'è ma ciò che si sente. La donna è la modella amante del pittore, Juliette Huet, mostra una ragazza nuda sulla terra bruna in primo piano figurativo, con morbidi capelli bruni, gli occhi spalancati, il viso un po' gonfio dell'adolescenza, i seni acerbi, il pube appena accennato, le gambe unite e distese con un piede che sovrasta l'altro. La ragazza abbraccia un animale, una volpe, che stende in mezzo ai seni una zampa. La volpe è il simbolo della lussuria secondo la tradizione simbolica indiana. La zampa in mezzo ai seni è un segno di possesso, di conquista del corpo. Il colore marroncino sulla pelle bianca è un simbolo della corruzione del corpo prima innocente. Un corpo che voleva chiudersi, come mostrano le gambe unite e che invece si è aperto e si unito, come mostra il piede sovrapposto e il pube offerto, senza alcun segno di pudore o di chiusura. Il braccio in primo piano a sinistra è disteso sulla terra, fra le dita della mano c'è un fiore, forse una piccola rosa rossa. Un simbolo matrimoniale, ma anche un simbolo della perdita della verginità : il colore è quello dello sverginamento, del sangue versato nella deflorazione ( appunto dell'apertura del fiore ). Il colore simbolico rosso è anche quello innaturale del campo di grano che è attraversato da una stradina ondulata, rossa anch'essa, sulla quale vi è una piccola processione di persone, di contadini vestiti a festa che vanno, molto probabilmente, alla festa di nozze. La ragazza vive nel luogo il momento che segue la festa, la deflorazione; anzi, per meglio dire, il momento viene dopo questa. Tutto è già accaduto e la ragazza guarda con gli occhi spalancati in alto sognando l'innocenza perduta. Sul fondo il cielo è grigio attraversata da una nube oblunga bianca. Gauguin è l'iniziatore del movimento simbolista e quasi il capofila riconosciuto e stimato. Ad esso fanno riferimento i simbolisti parigini e ad esso, ammirati, si rivolgono nel 1891, quando il pittore, deluso vuole lasciare la Francia per recarsi a Tahiti. La ricerca della verginità perduta, del sogno di un luogo nuovo e primitivo per rigenerare l'anima ora corrotta dalla civiltà occidentale è un'altra chiave di lettura del dipinto. Come lo è il titolo attribuito di  Risveglio di primavera . Proprio nel 1891 viene pubblicato ( anche se rappresentato solo nel 1906 ) Risveglio di Primavera , dramma di Franz Wedekind in cui vi è il risveglio e la consapevolezza delle nuove generazioni che scoprono l'ipocrisia e la cieca ottusità del mondo degli adulti. Forse Gauguin ne seppe qualcosa e l'adolescente che diventa adulta dopo la perdita della verginità, può anche essere un richiamo simbolico a questa consapevolezza, a questa scoperta amara della festa della vita.
         L'idea della donna nuda sdraiata nasce essenzialmente da un  modello molto ammirato da Gauguin, l'Olympia di Manet.



                                                Eduard Manet, Olympia, Musée Olry, Paris

            In quest'opera il pittore si separa decisamente dei modelli del mito in cui il nudo era solito nascondersi o mascherarsi per mostrare il nudo quale esso è, un nudo di donna che è quello di una donna cui piace essere nuda, cui piace piacere. Appunto una donna di piacere, una prostituta vista nell'alcova di un bordello. Una donna che invita, che si offre allo sguardo di chi guarda per mostrare ciò che è. Il nastrino di velluto al collo e il fiore fra i capelli sono segni caratteristici della sua professione. Essa è sdraiata sul un letto bianco che mostra solo se stesso senza riferimenti simbolici e che è quello che appare nell'opera copiata e amata da Manet agli Uffizi, La Venere di Urbino, di Tiziano.




                                    Tiziano, La Venere di Urbino, 1538, Museo degli Uffizi, Firenze

               

             Se guardiamo l'opera di Tiziano vediamo come Manet abbia ripreso la posizione della donna nuda sdraiata su di un letto molto attentamente riprodotto, dalle pieghe delle lenzuola al cuscino. Inoltre, tanto in Olympia, come in Venere, le gambe sono sovrapposte e la mano della donna copre il pube nelle due opere. E' interessante notare poi la presenza, in fondo al letto, tanto in Olympia, quanto in Venere, di un animale. Tutti questi particolari sono visti in contesti figurativi diversi. Il cane nano che dorme è un simbolo di fedeltà coniugale. La nuda rosea di Tiziano tiene in mano un bouquet di rose, mentre sul fondo una serva inginocchiata ripone il corredo nel cassone nuziale. Si tratta di una chiara allusione al matrimonio, un augurio al committente ( un  esponente della Casa urbinate dei Montefeltro ) , di prosperità, come anche il ventre rigonfio allude con indice simbolico di fertilità e maternità. Il caso di Olympia è diverso. La donna ha una posizione di invito al piacere; la mano sul pube ironicamente nasconde quello che è il punto di questo piacere. Le carne bianche sono mostrate allo spettatore in primo piano e con il bianco delle lenzuola sono come una luce che illumina il piacere che lo spettatore sogna di potersi attendere. Il bianco contrasta col nero della serva di fondo che tiene in mano dei fiori che sono forse l'offerta di un cliente che aspetta. Sulla destra, sul fondo del letto nessuno animale fedele, ma un gatto nero, non che dorme, ma che è in piedi con gli occhi spalancati. Un simbolo demoniaco di lussuria. Come a dire che il luogo non è lo spazio del matrimonio, bensì lo spazio del piacere. Come in Tiziano e come in Manet, anche in Gauguin l'animale ha una presenza simbolica: è la volpe lussuriosa e tentatrice della tradizione simbolica indiana. Non dorme, né resta in ombra inquieta, ma alla luce del giorno prende possesso della donna e allude al suo possesso sessuale. In una scultura in legno dipinto Gauguin aveva sviluppato l'idea della volpe a un tempo tentatrice, lussuriosa e guardiana della corruzione dei costumi in un pannello di legno di sequoia dipinto.

                    
                                    Paul Gauguin, Siate innamorate, sarete felici, Museum of Fine Art, Boston

                             Il bassorilievo ligneo dipinto presenta in basso a destra l'inquietante volpe, simbolo indiano della lussuria e della perversione. Sulla sinistra vediamo una donna nuda accovacciata che si stringe i polsi e sembra pararsi, difendersi da qualcuno che vuole attaccarla, meglio, violarla. A destra, poco sopra la volpe è una donna nuda e vecchia con le dita sollevate in simboli sessuali di scherno, mentre in alto a destra e il volto grande del pittore stesso con il pollice in bocca in chiara allusione sessuale. Qui vi è un riferimento allo stupro, vi è uno sconvolgimento dell'animo, un richiamo forte al mostro Gauguin che si ritaglia in alto uno spazio di punizione. Poco prima di partire per Tahiti Gauguin lascia una ragazza che aveva messo incinta. Si trattava forse di un rimorso, di una figurazione dell'invasamento erotico? Supposizioni, naturalmente; qui quello che interessa è la presenza della volpe, dell'animale con gli occhi aperti, in piedi, che induce in tentazione; un animale che ritorna, in modo più sfumato, più ironico e a doppio significato ( è un guardiano della verginità oppure induce alla perversione? O è, come più probabile l'uno e l'altro ? ) nella Perdita.      
                     
           Al di là degli esempi classici che abbiamo citato, la donna distesa, ha un altro riferimento simbolico. Quello al sogno, alla fiaba, all'immaginario. In questo senso l'immagine di rifermento è quella della Madeleine nel bosco d'Amore di   Emile Bernard.


Madeline in the Bois d'Amour
                          Emile Bernard, Madéleine nel bosco d'amore, 1888, Musée d'Orsay, Paris

La ragazza è sdraiata su di un prato fiorito che rimanda alla rinascita della primavera e alla rinascita dell'amore ( o alla sua nascita ). La posizione è sdraiata ma non completamente perché solleva un poco la testa con i capelli biondi sorretta dalla mano sotto la nuca. L'altra mano invece è stesa poco sotto al seno. Un particolare importante da notare è il fatto che la ragazza è sveglia con gli occhi non completamente aperti, ma aperti: ha un'aria sognante, rapita. Il suo è un sogno adolescenziale d'amore: distesa ai piedi di un bosco con radi alberi al di là di un fiume. Tutta la nostra attenzione è sulla donna che veglia e che ha, come in Gauguin i piedi stretti di cui un di poco sovrapposto. Questa disposizione dei piedi e delle gambe, se da un lato indicano disponibilità all'unione amorosa, dall'altra indicano la difesa dalla deflorazione; ma anche una sotterranea tensione di veglia. Il sogno di primavera, la veglia di primavera nel bosco d'amore rivive con altri simboli e altre tensioni nella Verginità perduta di Gauguin.  Abbiamo detto che in questo dipinto si allude ad una festa di nozze a cui i contadini bretoni si recano uniti e silenziosi attraversando la stradina che passa fra il campo di grano. La campagna di Bretagna, vicino a Pont-Aven, un luogo dove si respira un'atmosfera di religiosità romanica, non tanto per la presenza delle numerose chiese, quanto per le vie-crucis scolpite, rupestri, di campagna. Il momento della spiritualità, del raccoglimento, dello sguardo al cielo o alla terra, il ringraziamento, sono aspetti importanti nel cattolico Gauguin, ed il dipinto molto amato di Millet, Angelus, del 1859 , dove in una campagna al tramonto, dai colori molto caldi, due poveri contadini ringraziano il Signore, lo conferma. Questo senso di attesa sentimentale e religiosa è presente nelle sue opere che più direttamente si riferiscono a momenti di spiritualità o a riflessioni sul cristianesimo dell'anima, vissuto attraverso l'armonia dei colori forti che tanto servirono di insegnamento ai " Fauves". A Pont-Aven, Emile Bernard e Paul Gauguin , assistettero ad una tipica cerimonia religiosa locale , la cerimonia del perdono. Nella campagna, sedute sul prato, le contadine bretoni, che Bernard aveva già dipinto in Donne Bretoni in un prato e Donne Bretoni in preghiera ,rivivono nel dipinto di Gauguin, Visione dopo il sermone ( o anche Lotta di Giacobbe con l'angelo) . L'opera del 1888, deve molto alla pittura giapponese della quale il pittore era cultore e ammiratore, ed esprime attraverso campiture di colori forti la separazione fra la realtà e l'irrealtà, fra le donne che assistono allo spettacolo che non c'è, visualizzando  le parole del sermone su Giacobbe e l'Angelo.  Anche in La perdita della verginità, abbiamo questi due piani, sebbene in modalità molto diverse. La realtà è tutta pertinente nei contadini in festa che vanno ad una cerimonia religiosa, ad un matrimonio, in ordine, quasi in processione come si va ad un rito e l'immaginazione è offerta non ai contadini, bensì allo spettatore: la non più vergine nuda che veglia ed i suoi simboli di sessualità, della consapevolezza della sessualità. Il cattolicesimo di Gauguin non ha nulla di ortodossia, ma solo di pura semplicità, di ritorno alla parola biblica e alla ritualità medievale. Per questo quando la Visione  venne proposta ad una chiesa di Pon-Aven, come capolavoro che poteva integrarsi armoniosamente con le vetrate che avevano in comune con essa colori e campiture, venne immediatamente rifiutata. La religione semplice, festosa e campagnola del pittore non poteva andare d'accordo con la rigida professione di ortodossia della ritualità e della religiosità ufficiale. Ma torniamo alla perdita della verginità. Il paesaggio contadinesco che vediamo è tutto in funzione del colore puro, al quale come dice lo stesso pittore, bisogna sacrificargli tutto, anche la realtà delle ombre. Nel dipinto infatti non ci sono ombre se non sottili ed appena accennate: " guardate in giapponesi- scrive il pittore a Bernard nel 1888- , che pure dipingono in modo ammirevole e vedrete una vita all'aria aperta e al sole, senza ombre. Usano i colori solo come combinazione di toni, di armonie diverse..." L'idea principe era quella dell'eliminazione delle ombre per dare tutto il colore e la luce ai corpi, alle forme, specie quelli che vengono  alla ribalta, verso lo spettatore. Un nudo senza ombre, tutto esaltato dalla luce e dal colore ed influenzato direttamente dalla pittura giapponese è Ondina del 1889, un anno prima de La perdita.


                        
                                                    Paul Gauguin, Ondina, 1889, Museum of Art, Cleveland


Nel 1890, quando torna a Parigi, scontento anche della vita semplice di campagna di Pont-Aven sente il bisogno di cambiare aria, di andare alla ricerca di quella verginità perduta del mondo che la società industriale e borghese dell'800 ha irrimediabilmente compromesso e corrotto. Nel 1890 aveva dipinto un'Eva nuda senza Adamo e senza la mela ( la mano della donna è comunque vicina al pomo proibito e al serpente-diavolo tentatore ), immersa in un'atmosfera boscosa esotica, dove alle palme sono mescolati i cipressi.
 
                                      
                                                     Paul Gauguin, Eva esotica, 1890, Museum of Art, Pola.

Al pittore, qui, interessa collocare la figura dell'Eva nuda in uno spazio di paradiso, un eden immaginato attraverso la sua dimensione cromatica. Domina, naturalmente il verde vegetale, ora più chiaro, ora più scuro. Eva poggia entrambi i piedi su una campitura di verde scuro che si ripete più indietro nella campitura, di uguale colore, sulla quale si nota un gallo che sovrasta una colomba. La colomba, simbolo di purezza e di libertà è aggredita dal gallo, sottomessa e posseduta da esso. In qualche modo è un sottostare della purezza primitiva all'arroganza della civiltà. Il corpo nudo di Eva, senza ombre, centrale, dall'incarnato roseo e dal nudo senza pudori, è offerto all'attenzione dello spettatore ad immediato impatto visivo. La donna vive in un paradiso sognato, che è nella mente del pittore oramai proiettato verso terre esotiche. E' interessante notare come il volto di Eva sia quello della madre di Gauguin Alina, di antica e nobile famiglia spagnola immigrata e stanziata in Perù. Un volto indiano, selvaggio. E' una madre primordiale nell'Eden. Ma al pittore non interessa dare evidenza ai segni della maternità, interessa collocare ( o ricollegare ) la madre nel suo Eden, dove vorrebbe calarsi anche il pittore" selvaggio ". Gauguin era già stato oltre che in Perù, a Panama e alla Martinica, luoghi tropicali paradisiaci, ma non era rimasto particolarmente impressionato. Invece, dopo aver scartato l'idea di recarsi in Madagascar, anche grazie alla lettura delle Nozze di Loti, dello scrittore Pierre Loti, segnalatogli dall'amico Van Gogh, che racconta la storia d'amore fra Loti e Rarahu, una ragazza tahitiana con la scoperta di un paradiso felice dove può vivere tanto l'amore quanto la perfetta dimensione dell'arte,  pensa che il vero paradiso sia quello ai confini del mondo, nell'isola primitiva e felice, Tahiti: " Ho deciso di andare a Tahiti per finire là la mia esistenza- scrive ad un gruppo di pittori simbolisti parigini- Credo che la mia arte che voi ammirate tanto, non sia che un germoglio, e spero di poterla coltivare laggiù per me stesso allo stato primitivo e selvaggio"  Nell' aprile del '91  parte da Marsiglia per Tahiti, ex possedimento coloniale unita alla Francia nel 1880 come territorio d'oltremare. Scartata la capitale Papeete, troppo inquinata dalla presenza occidentale, il pittore si inoltre sempre più all'interno sino al villaggio di Mataiaa, dove si stabilisce in una capanna in riva all'oceano. Vivere con semplicità, abbandonare l'odio, vivere felice e amare, suono i nuovi sentimenti del pittore che sente oramai troppo lontana la civiltà di cui egli stesso è un prodotto. La donna, sua immagine preferita, studiata sempre con attenzione, nell'Eden tahitiano trova nuovi stimoli, i colori diventano armonia, le forme emergono da essi più contenerli. Il nudo ritorna esotico, primitivo, emergente; la donna qui non ha pudori nel mostrarsi nuda, non teme ne offre il suo corpo, lo accetta con assoluta naturalezza; abbandonati il senso del pudore, le tentazioni della lussuria, le angosce repressiva del cattolicesimo, il pittore scopre altri aspetti culturali, il mistero, l'inquietudine di fronte agli spiriti dei morti, un vero spettro per ogni tahitiano.


                                 Paul Gaguin, Manao Tupapao, 1892, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, USA

La donna è stesa con gli occhi spalancati e terrorizzati dalla paura su un letto con un lenzuolo verde, alle sue spalle una figura inquietante il Tupapao, un demone, uno spirito dei morti, incappucciato e vestito di nero. " Immobile, nuda, supina sul letto, gli occhi enormemente spalancati, Tehura mi guardava e sembrava non riconoscermi...mi sembrava che una luce fosforescente uscisse dai suoi occhi dallo sguardo sbarrato" Dopo queste parole scritte in Noa Noa, parla del dipinto alla moglie in una lettera del 1891"...una delle nostre giovani avrebbe paura di essere sorpresa in questa posizione ( la donna, qui, no ) Allora conferisco al suo volto un po' di terrore...questo popolo ha tradizionalmente una grande paura dello spirito dei morti...allora faccio così: armonia generale cupa, triste, spaventosa, che sembra quasi un rintocco funebre. Il violetto, il blu cupo, il giallo arancio. Faccio la biancheria giallo verdognola prima di tutto perché la biancheria di questi selvaggi è diversa dalla nostra...in secondo luogo perché suggerisce la luce artificiale...in 3^ luogo, combinandosi con il giallo arancio e il blu completa l'accordo musicale." Musicalità, accordo musicale dei colori, decorativismo ( i grandi fiori gialli su fondo nero sotto il letto ), senso di cupa inquietudine, presenza del mistero, del demoniaco. La donna è nuda è sveglia come quella di Pont-Aven in Bretagna, ma supina, il suo non è un eros inquieto, l'eros è primitivo, selvaggio ( si guardino i piedi anche qui uniti ), non sconvolge, è naturale; a sconvolgere è altro, sono le presenze che non si vedono, gli spiriti demoniaci dei morti che disturbano il sonno, lasciano gli occhi aperti al mistero dell'aldilà : non è più la ricerca della verginità perduta, è il dominio dell'ignoto. La donna ha altri traumi, altre paure, ma anche queste fanno parte della naturale felice primitività, del vero paradiso trovato dal pittore, della nuova verginità artistica ed umana, tanto sognata.

Bibliografia

Anna Maria Damigella, Gauguin, Art e Dossier, Giunti, Firenze, 1979
R.Goldwater, Paul Gauguin, Garzanti, Milano, 1958
Paul Gauguin, Noa noa e altri scritti, Milano, Bompiani, 1941
Paul Gauguin, Lettere a sua moglie e ai suoi amici, Longanesi, Milano, 1972
Paul Gauguin, Scritti di un selvaggio, Guanda, Parma, 1941
G.M. Sugana, L'opera completa di Paul Gauguin, Milano, Rizzoli, 1972
Belinda Thompson, Gauguin, Rusconi, Milano, 1989.







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